La serata di inaugurazione della Scuola del Gusto del Circolo Tevere Remo presenterà in maniera festosa, ma anche riflessiva le finalità della Scuola stessa: una idea del gusto che non si esaurisce nel mangiare e nel bere, ma associa i diversi piaceri dei sensi in quel “sesto senso” nel quale confluiscono sapori, profumi, suoni, colori e carezze, che l’Italia può offrire agli Italiani, ma anche agli altri cittadini del mondo.
Proprio in questo “dissonante concerto” risiede il filo rosso dell’intera serata conviviale. Le postazioni gastronomiche delle regioni prescelte (Veneto, Liguria, Marche, Lazio, Campania, Calabria) e gli interventi letterari e musicali che cadenzeranno le varie opportunità di degustazione di cibi e di vini, confermeranno come il più importante progetto culturale del nostro paese sia stato e debba essere proprio quello di mettere insieme tante differenze, creando quel “bene comune” che prima seduce e poi incanta.
Sedurre, incantare: a questo progetto d’insieme, infatti, non sono estranee le differenze tra gli uomini e le donne, che possono conferire garbo e grazia sia al confronto tra le diversità nazionali, sia alle attività del nostro Circolo, che alla intraprendenza femminile sempre più si affida.
Le musiche dell’Italia unita accoglieranno gli ospiti all’inizio della serata, che proseguirà con tre brevi riflessioni sui vari aspetti del “dissonante concerto”. A “portarle in tavola” sarà il socio Sasà Toriello, anfitrione e comunicatore della serata .
Interverrà per primo il giornalista e gastronomo Guido Barendson, in merito alla cosiddetta cucina italiana, che in realtà nasce da un mosaico di cucine locali e che non solo metaforicamente richiama le virtù e i vizi dell’unità d’Italia.
Proseguirà il sociologo Alberto Abruzzese, che ha curato la recente edizione dell’autobiografia di Pellegrino Artusi, il padre della cucina italiana (e di una parte significativa della lingua italiana), in cui le ricette gastronomiche si mescolano con quelle sociali e culturali, per un secolo in cui si è fatta l’Italia, ma restavano da fare gli Italiani.
Concluderà giornalista e filosofo Gian Piero Jacobelli, che prenderà spunto dal “Viva Verdi”, in cui la musica si coniuga con la politica, per ricordare i brindisi (quanti, quali, dove e perché?) nelle opere del grande compositore di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Tra una riflessione e l’altra, a conferma che anche in campo gastronomico le parole non sono meno importanti delle cose, verranno letti alcuni brani dell’autobiografia dell’Artusi, scelti un poco maliziosamente tra quelli riguardanti i complessi rapporti tra uomini e donne, e i pochi testi dei brindisi verdiani, sempre in bilico tra il lusco e il brusco della nostalgia, come si conviene alle opere liriche ottocentesche.
Per riportarli sul versante della luce e della festa, questi brindisi, cantati dalle più belle voci del secolo scorso, accompagneranno la degustazione delle torte e dei vini regionali. Non soltanto perché sia i brindisi, sia le torte caratterizzano la festa, ma anche perché le torte, come i brindisi, rappresentano un simbolo di quel “dissonante concerto” a cui s’ispira questa prima iniziativa della Scuola del Gusto. Ma davvero? Davvero!